Alice Bailey e L’educazione nella Nuova Era
L’educazione va intesa come un continuo processo dalla nascita alla morte. È essenzialmente un processo che conduce alla riconciliazione degli elementi umani e divini nella formazione dell’essere umano. Le tecniche educative dovrebbero prefiggersi quale obiettivo prioritario il corretto rapporto tra Dio e l’uomo, lo spirito e la materia, il tutto e la parte.
Gli scritti di Alice Bailey sull’educazione[1], apparsi postumi in L’educazione nella Nuova Era,sono esoterici e, per me, di difficile comprensione. Ancora più difficile, al di fuori dalle scuole che si rifanno ai suoi insegnamenti, è trovare la possibilità di discuterne con colleghi educatori. Tuttavia ritengo che la Bailey abbia fortemente influito sulla mia visione dell’educazione, in primis poiché mia madre la studiava negli anni formativi dell’educazione mia e dei miei fratelli, e a ritroso posso osservare quanto i suoi metodi educativi si rifacessero alla filosofia a cui si era avvicinata. Quegli scritti che circolavano per casa, e i discorsi a tavola e la sera prima di coricarci, erano stati sepolti prepotentemente nella mia mente di adolescente un po’ ribelle, e laggiù hanno probabilmente lavorato per una trentina d’anni, fino a quando, frequentando la Scuola Superiore di Counseling, ho riscoperto su libri di vari autori quelle stesse idee che avevo cercato di allontanare dalla mia mente cosciente, ma che avevo messo in pratica, anche se maldestramente, nella mia attività di insegnante ed educatrice.
Alice Bailey, criticando l’impostazione nozionistica della scuola pre-riforma, sottolinea che lo scopo dell’educazione scolastica è molto più ampio che esercitare la memoria del bambino e far conoscere allo studente le conquiste (storiche, geopolitiche, intellettuali…) del passato.
L’educazione, ha tre obiettivi principali:
Per prima cosa – come molti hanno compreso – deve fare dell’uomo un cittadino intelligente, un genitore saggio, una personalità controllata; deve metterlo in grado di compiere la sua parte nel lavoro del mondo e farne un essere che sappia vivere in pace, in armonia con il suo prossimo e disposto ad aiutarlo.
Poi deve mettere la persona in grado di “colmare le lacune esistenti tra i vari aspetti della sua natura mentale”, ovvero i tre aspetti che Bailey definisce “mente concreta inferiore, principio raziocinante, cioè l’aspetto di cui si occupa il sistema educativo attuale” (ossia fino agli anni ’50), “l’Anima o Ego, di cui si è occupata la religione del passato”, e la “mente astratta superiore, custode delle idee […] il mondo delle idee che la filosofia professa di trattare.” I tre aspetti possono anche essere denominati:
Mente ricettiva, di cui trattano gli psicologi.
Mente individualizzata […].
Mente illuminante, o superiore.
In terzo luogo “l’educazione deve permettere di colmare la lacuna esistente tra la mente e l’anima […] Nell’età futura, l’educazione dovrà anche occuparsi di collegare i tre aspetti della natura mentale; l’anima con la mente inferiore e l’anima con la mente superiore.”
Insomma l’educazione, secondo Bailey, deve insegnare agli uomini e alle donne di domani a «costruire ponti» fra i tre aspetti della loro natura mentale. La vera educazione” è per conseguenza la scienza di collegare le parti integranti dell’uomo e di collegarlo, a sua volta, con l’ambiente e con quel «tutto» più grande nel quale deve compiere la sua parte”[2]. Ossia un’educazione che vede costantemente nel soggetto la sua dimensione spirituale, un’educazione civica dello spirito che ha lo scopo di formare una persona in grado di vivere secondo un modello ideale di leggi e principi[3]: prima di tutto, la “legge dei retti rapporti umani” che riguarda l’intelligente partecipazione alla vita sociale e si rifà al “principio di buona volontà”, laddove la buona volontà non è semplicemente una buona disposizione al prossimo o al proprio dovere, ma è l’uso di una volontà buona e saggia che ci permettere di trascendere i limiti dell’egocentrismo. Da ciò si può procedere alla “legge dell’attività di gruppo” secondo cui non è il vantaggio del singolo l’interesse principale, ma l’integrazione e la complementarietà dei partecipanti, basata sul “principio dell’unanimità”, da non confondersi con il concetto di uniformità[4]. Quando dai retti rapporti all’interno del proprio gruppo di interazione si passa a sperimentare l’unanimità di intento, anche attraverso piani di vita molto diversi, si può insieme verificare la “legge dell’avvicinamento spirituale”:
L’Avvicinamento Spirituale è la grande Legge dell’evoluzione, è la spinta incessante che trasforma il seme nel fiore e l’ovulo nell’uomo. È il grande fiume dell’Energia che scorre incessante e spinge la vita oltre se stessa, a creare il futuro di tutto ciò che esiste. In questo senso, è l’unico aspetto reale del processo del divenire e dobbiamo perciò superare il preconcetto che si tratti di un’aspirazione astratta, proprietà delle religioni e delle filosofie. È invece l’impegno, come è stato detto, di spiritualizzare la materia e di materializzare lo spirito, ed è pertanto nel concreto che l’evento si manifesta.[5]
Una legge basata su quel “principio della divinità essenziale”, che ci riporta al tema centrale dell’educazione secondo i principi presentati nell’opera della Bailey e fatti propri dalla psicosintesi educativa: “All’interno di ogni uomo c’è un nucleo di Energia potenziale, da evocare e manifestare nella vita quotidiana, che rappresenta la Scintilla divina che ci anima e ci spinge verso l’incessante processo dell’evoluzione”.[6]


[1] Alice A. Bailey, Education in The New Age, Lucis Trust (1953), tr. it. L’Educazione nella Nuova Era, Editrice Nuova Era (1966), 1981.
[2] Ibidem, pp. 27-30.
[3] AA. VV. Leggi e Principi della “Nuova Era”, Comunità di Etica Vivente.
[4] “unanimità deriva da ‘anima’ e significa avere la stessa anima; uniformità deriva da ‘forma’ e significa avere la stessa forma. […] L’unanimità di scopo permette diversità sia nei campi di manifestazione, sia nei modi e mezzi attraverso cui si giunge all’attuazione.” Ibidem. pp. 56-57.
[5] Ibidem. p. 69.
[6] Ibidem. p. 83.